Gli uomini s'appoggiarono coi gomiti sulle staccionate e osservarono il granturco rovinato, quasi secco ormai, con solo qualche strisciolina di verde sotto la pellicola di polvere. Gli uomini non parlavano, e si muovevano appena. E le donne uscirono di casa e vennero a mettersi vicino ai loro uomini per sapere se era questa la volta che i loro uomini si sarebbero dati per vinti.
Le donne senza farsi vedere studiavano i visi dei loro uomini; perché al granturco si poteva, alla fin fine, rinunciare, purché fosse salvo qualcos'altro.
I piccoli, lì vicino, disegnavano figure nella polvere coi diti dei piedi, e anch'essi inconsciamente studiavano i visi dei genitori, per vedere se si sarebbero dati per vinti.
Studiavano le facce dei genitori e disegnavano figure nella polvere.
I cavalli all'abbeverata, prima di arrischiarsi a bere, col labbro superiore spazzavano il pelo dell'acqua.
Dopo un poco, i visi degli uomini perdettero la loro stupefatta perplessità ma acquistarono un'espressione dura, collerica, ostile. Allora le donne capirono che erano salvi, che gli uomini non si davano per vinti, e allora ardirono domandare: Cosa facciamo? e gli uomini risposero: Chi lo sa, ma le donne capirono che erano salvi, e i piccoli capirono che erano salvi.
Le donne e i piccoli avevano l'intima convinzione che nessun disastro era catastrofico se i loro uomini non si arrendevano. Le donne rientrarono in casa alle loro faccende, e i piccoli cominciarono a giocare, ma con discrezione, sulle prime.
Col progredire del giorno il sole, meno rosso, ricominciò a scaldare la terra impolverata.
Gli uomini, seduti sui gradini d'accesso alle loro case, s'occupavano a disegnar figure in terra servendosi di fuscelli o di sassolini.
Non parlavano; meditavano, calcolavano.
Estratto del capitolo 1 dal libro "Furore" di John Steinbeck
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