E' piu' di una canzone, e' una poesia, e' un vestito che puo' essere indossato da chi se lo puo' permettere.
Pietra Montecorvino puo', Peppino di Capri ci ha provato e Montecorvino ci e' riuscita.
Ed il testo non basta. Eh, e' perche' il napoletano lo posso tradurre in italiano, qualche volta.
Ma Montecorvino no. Come canta non si traduce.
E se non sei partenopeo la traduzione serve, capisci a me.
Una cosa ti puo' piacere o dispiacere solo dopo che l'hai capita; prima e' indifferenza.
Infine, ma non ultimo, il brano e' del 1906.
Capisci a me che pare che Salvatore di Giacomo non è ?
Su alcuni libri che parlano di Aganoor Pompilj si legge che Salvatore Di Giacomo fu anche un traduttore ed un rifacitore di canti popolari locali o di altre regioni italiane, nel senso che lui traduceva in napoletano un canto popolare preesistente, lo adattava metricamente alle sue personali esigenze poetiche e ne venivano fuori degli autentici capolavori, come accadde, ad esempio, con “E spingule frangese”.
Accadde la stessa cosa, a quanto pare, per “Palomma e’ notte”, che non e' altro che la traduzione e l’adattamento di una poesia in dialetto veneto “La pavegia” scritta dalla poetessa di origine armena Vittoria Aganoor Pompilj (1855-1910):, il cui significato è sempre quello di “palomma”.
Ma per quanto io abbia cercato questa poesia, pare che non ci sia traccia di essa in rete.
Peccato che questo brano sia cantato solo ed unicamente in napoletano, i termini ormai incomprensibili sono proprio all'inizio del testo e purtroppo allontanano subito l'ascoltatore.
Ed invece a voler capire quello che dice, a voler andare oltre alla melodia, che non è neanche tanto particolare in numerose interpretazioni, alla fine capisci la bellezza del brano, capisci la poesia e che poesia!
Quei termini dialettali ed arcaici, cerogena, palomma, occultano il bello del brano e lo fanno in prima battuta.
Lo devi proprio voler capire.
Come dicono a Napoli: "Capisc'a me ( per una volta smetti di credere a quello che credi e dammi retta )", il bello delle cose non le vedi e non le riesci trovare nelle apparenze o prime impressioni.
Ma può essere che una poesia così bella sia solo una traduzione in napoletano di qualcosa scritto da Aganoor Pompilj ? Oltre tutto non sono riuscito a trovare da nessuna parte in rete, almeno non ancora.
Può essere che una cosa così bella non sia un originale ?
Quello che è certamente rimane vero è a chi dedicò questa poesia.
La giovane e spigliata donna delle attenzione del poeta, detta Elisa ( ed il cognome ? ), dopo la sua morte brucio tutte le lettere che si erano scambiati tranne quelle che vanno dal 1906 al 1911, forse per una dimenticanza. Proprio grazie a questa mancanza è stato possibile ricostruire in parte la storia e la motivazione di questa dedica.
Salvatore, ormai quarantacinquenne è già affermato come poeta, ed Elisa, una ventiseienne ribelle, si conobbero nel 1905. Ardita ed emancipata doveva essere davvero se, dopo qualche incontro con Salvatore Di Giacomo alla Biblioteca Lucchesi Palli – da lui diretta – gli scrisse una lettera talmente intraprendente per una ragazza di quell' ambiente e di quell' educazione, da lasciare stupiti.
«Mio buono e caro signor Di Giacomo… se non fossimo stati in mezzo alla gente ve lo avrei detto ieri stesso quanto sto per dirvi ora. Io vi amo: ecco la verità, e lo so e lo sapevo da un pezzo, e non volevo confessarlo né a voi né a me. Io vi amo, e ora ve lo dico così com' è. è bene, è male dirvelo? Che cosa ne penserete? Io non so… Sappiatela tutt' intera questa verità, sappiatela così rudemente, così bruscamente com' è sempre l' impeto dell' anima mia: sappiatela e fate quel che volete…».
Salvatore non era libero, Elisa aveva una rivale, una tremenda rivale: mammà.
Il loro amore fu molto tormentato prima per l'invadenza della madre e poi per le liti in cui il poeta accusava Elisa di civetterie… tradimenti etc…
Si amarono così d'un amore molto tormentato ma tenace per 11 anni e continuarono ad amarsi, sempre in questo modo, anche dopo il matrimonio… fino a quando Salvatore costretto all'immobilità ed amorevolmente curato da lei si spense…
Io il video l'ho sottotitolato in italiano e tentato di sottotitolare in inglese.
La canzone è bella per davvero, ma la devi poter capire.
Capisc'a me.
Farfalla della notte ( falena )
Adattamento di Montecorvino.
Musica: Francesco Buongiovanni,
Versi: Salvatore Di Giacomo.
Anno: 1906
Guarda questa farfalla,
Come gira, come volta,
Come torna un'altra volta
A tentare questa candela.
Farfallina questo è un lume,
non è rosa o gelsomino,
e tu per forza qua vicino
ti vuoi mettere a volare!
Vattene da là!
Vattene pazzarella!
Va', farfallina, e torna,
e torna a quest'aria
così fresca e bella!
Lo vedi che anch'io
mi abbaglio piano piano
e che mi brucio la mano
per volerti cacciare via?
Torna, va', farfalla della notte,
nell'ombra dove sei nata!
Torna a quest'aria imbalsamata
che ti sa consolare!
Nel buio e solo per me
questa candela arde e si strugge,
Ma che arda tutti e due,
non lo posso sopportare!
Vattene pazzarella!
Va', farfallina, e torna,
e torna a quest'aria
così fresca e bella!
Lo vedi che anch'io
mi abbaglio piano piano
e che mi brucio la mano
per volerti cacciare via?
Carolina, per un capriccio,
tu vuoi fare scontento un altro
e poi, quando l'hai lasciato,
tu da un altro vuoi volare.
Troppi cuori stai stringendo
con queste tue mani piccole,
ma finisce che queste ali
anche tu ti puoi bruciare.
Vattene pazzarella!
Va', farfallina, e torna,
e torna a quest'aria
così fresca e bella!
Lo vedi che anch'io
mi abbaglio piano piano
e che mi brucio la mano
per volerti cacciare via?
Lo vedi che anch'io
mi abbaglio piano piano
e che mi brucio la mano
per volerti cacciare via?
mi abbaglio piano piano
e che mi brucio la mano
per volerti cacciare via?
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